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Covid: qualcosa non mi torna

porta aperta


Oggi voglio iniziare la mia giornata con una riflessione che intendo condividere con voi lettori, facendo la premessa che il mio è un solo punto di vista.
Intendo fare anche una premessa importante: dopo un anno di chiusure i commercianti sono sfiniti e molti di essi hanno già fatto il "botto" vivendo a stretto contatto con questo disastro, vivendolo in prima persona; quindi giusta la rabbia che stanno esprimendo (non i modi di alcuni di essi) e la loro disperata voglia di riaprire quanto prima.
Detto ciò, però, una riflessione la faccio e parto dalla mia impressione che i dati giornalieri di Covid19 non sempre vengono interpretati nello stesso modo.
Attenzione, non sto dicendo che vengono falsati i numeri (cosa che tra l'altro in qualche regione, abbiamo visto accadere) ma che gli stessi numeri subiscono interpretazioni diverse, quasi come sospinti dal vento umorale del momento.

RIFLETTENDOCI

A far scattare questo mio ragionamento è stata la notizia che il governo, nella giornata di ieri, ha dato l'ok alla riapertura degli stadi, limitando l'accesso al 25% della capienza.
In breve faccio l'esempio dello stadio Olimpico di Roma che conta 72.698 posti il cui 25% corrisponde a 18174 presenze, arrotondiamo (considerando anche i posti riservati agli addetti alla sicurezza) a 16000.
Sedicimila persone rappresentano un bel "test" di assembramento o sbaglio?
Ma siamo sicuri di poterci permettere questo dopo che veniamo continuamente "bombardati" in tv da TG ed esperti che spingono per un atteggiamento guardingo?
Detto ciò, è vero che le vaccinazioni procedono ma, ipotizzo, è altrettanto vero che in proiezione futura (viste le notizie di ieri) potrebbero arrivarci molti meno vaccini a causa dei forti dubbi relativi ad AstraZeneca e J&J o comunque potrebbe rallentare il flusso di arrivo periodico di essi. 
A questo aggiungo che la tendenza, secondo me, sarà quella di mettere in disparte i vaccini virali per concentrarsi su quelli di nuova generazione che agiscono sul sistema immunitario.
Insomma, facendo tutte queste riflessioni arrivo al dunque.
Da qualche giorno ho notato che i dati giornalieri inerenti i contagi e le vittime vengono "letti" in maniera, a mio modo di vedere, "strana".
Faccio un esempio banalissimo: il 7 dicembre si contavano 13720 nuovi casi e 564 vittime. Ieri si son contati 13447 nuovi casi e  476 vittime.
Sono dati così tanto diversi tra loro? Mettendoli a confronto vi chiedo: il miglioramento è così netto ed evidente da poter azzardare una riapertura di uno stadio, seppur parziale, ad esempio?
E' vero che nel frattempo quasi dodici milioni di persone sono state vaccinate ma è altrettanto vero che si procede lentamente.
La cosa che non riesco a comprendere è perché il 7 dicembre, appena quattro mesi fa, si parlava solo di chiusure mentre oggi, con i medesimi numeri di parla di imminenti riaperture o addirittura si prendono decisioni ufficiali su un'apertura di uno stadio a giugno?
Sicuramente in questa mia analisi c'è qualcosa di distorto ma io vedo i numeri, ossia i dati concreti.
Insomma, l'impressione che ho è che questo virus "va a periodi"; oppure chi deve prendere decisioni "legge" questi dati in base ad un "filtro" ogni volta diverso?
Avverto la netta sensazione di trovarmi all'interno di un meccanismo strano, in cui si cerca di controllare anche l'emotività delle persone con strategie comunicative costruite.
Sbaglierò di sicuro, ma questo è ciò che mi passa per la testa in questo mercoledì d'aprile dove il sole che vedo fuori alla finestra sembra invitarmi al positivismo quando invece tra me e lui c'è un nemico invisibile...



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