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I fantasmi del passato

mani sul vetro


Ed eccomi qui a scrivere senza problemi, senza veli, senza filtro, perché son fatto così e dei giudizi altrui mi interessa fino ad un certo punto.

Anche per questo, tempo fa, ho deciso di aprire questo mio blog personale ma soprattutto "vero" in cui quando sento di scrivere qualcosa di mio lo faccio liberamente senza pensare a ciò che posso sembrare.

Oggi vi racconterò qualcosa di mio, di molto intimo che, senza neanche pensarci, ho deciso di scrivere, nella speranza che questo mio racconto possa essere di aiuto a qualcuno.

Racconto solo una mia esperienza e la racconto per come l'ho vissuta io e ci tengo subito a precisare che non voglio insegnare un bel niente a nessuno.

La mia storia parte da lontano, esattamente vent'anni fa.

Era un pomeriggio come tanti ed ero andato in giro per negozi con colei che sarebbe diventata mia moglie dopo pochi anni.

Entrammo in un grande negozio e mentre lei era intenta a girovagare per gli scaffali, improvvisamente provai un senso di pesantezza nella testa e nello stomaco, una sensazione brutta che mi spinse a scappare di corsa per uscire il prima possibile da lì e rinchiudermi nella mia auto.

Mia moglie corse con me e molto sorpresa mi raggiunse in macchina chiedendomi cosa mi fosse successo.

L'ascoltavo ma non avevo neanche la forza di rispondergli.

Le mie mani sudate erano incollate al volante dell'auto spenta ed il mio sguardo rivolto, fisso, in avanti.
Ero letteralmente bloccato, improvvisamente terrorizzato da una cosa che mai mi era accaduta prima.

Rimanemmo fermi li, in silenzio per un paio d'ore e poi pian piano mi feci coraggio riuscendo a guidare fino a casa mia.

Riuscii a stento ad arrivare, le gambe tremavano ed erano pesanti come macigni ed il mio sguardo sembrava perdersi nel vuoto facendomi sentire minuscolo e terrorizzandomi ancor di più.

Mi misi al letto senza neanche cenare, preso da un senso di vuoto dentro, letteralmente svuotato delle mie forze.

Mi rifugiai in un sonno profondo che mi accompagnò fino all'indomani.

Il giorno dopo non andai a lavorare, sopraffatto da una paura trasparente: temevo qualcosa ma la cosa che più mi faceva star male e mi turbava era il non sapere esattamente cosa stesse al centro del mio malessere.

La sera accadde un fatto molto pesante: avevamo da poco terminato di cenare quando improvvisamente provai ancora questo fortissimo malessere ma questa volta fu molto ma molto più pesante del precedente: mi mancava l'aria, avevo caldo, non vedevo bene ma soprattutto non mi reggevo in piedi e questa cosa mi terrorizzava ancor di più.

Ero in preda al panico... e già, ero in preda ad un violento attacco di panico.

Mio padre mi prese di forza e mi mise in piedi scuotendomi e sorreggendomi fino a portarmi giù in strada a camminare e prendere aria.

Mi sentivo come una marionetta sorretta dal mio grande rifugio, il mio papà forte.

Ero una marionetta da lui sorretta, una marionetta priva di ossa, svuotata, molle, ero solo un ammasso di pelle e nulla più.

Quella camminata mi fece bene e in qualche modo mi donò un minimo di lucidità anche se dopo pochi minuti fui avvolto da quel senso di stanchezza assurda che mi distrusse.

Realizzai che ero in preda ad una serie di attacchi di panico, cosa a me sconosciuta fino a quel periodo.

Nella mia vita sono stato sempre abituato a dare una spiegazione a tutto ciò che mi accade intorno ed allora era proprio questa la cosa che mi destabilizzava: continuavo a chiedermi il perché di certi accadimenti ma mi fermavo lì perché risposta non ne sapevo dare.

Presi qualche informazione su queste cose.

Solo una cosa in quel periodo non mi andava bene: il lavoro e la cosa mi stressava non poco, preso dalla mia innata voglia di essere indipendente senza dover chiedere nulla a nessuno.

In quel periodo avevo da poco perso il lavoro e spesso ero a casa a scrivere curriculum e spedirli ma senza mai trovare lo sbocco giusto.

Fatta questa breve premessa, i giorni successivi passarono apparentemente tranquilli anche se ero consapevole che mi ero imbattuto in una battaglia con un nemico trasparente capace di colpire in ogni momento.

LA SVOLTA

Un giorno, però, accadde quella che per me rappresentò la svolta e che mi mise in un ruolo di equilibrio nella mia personale battaglia.

Ero a casa da solo a scrivere quando improvvisamente fui colpito da un violentissimo attacco di panico: le gambe improvvisamente divennero molli, la gola mi si chiuse, gli occhi vaneggiavano e la mia forza era ridotta a zero.

Crollai per terra mentre una sorta di rumore cupo stordiva le mie orecchie mandandomi ancor di più in confusione.

Ero totalmente in preda a questo forte attacco di panico.

Presi forza e aggrappandomi al mobile della mia cameretta mi alzai e strusciandomi riuscii ad arrivare fino alla cucina, alla disperata ricerca di un goccio d'acqua che potesse bagnare un po' la mia gola totalmente secca e asciutta.

Bevvi un pochino d'acqua a gran fatica mentre le mie mani tremavano dall'enorme fatica che provavano nel tenere quel bicchiere.

Tornai nella mia cameretta e l'attacco si scatenò ancor di più in tutta la sua violenza mettendomi K.O.

Crollai a terra e mentre ero sul punto di lasciarmi andare ebbi un sussulto, preso da una improvvisa e ritrovata forza.

Mi accucciai a terra chiudendo gli occhi e concentrandomi con tutto me stesso su me stesso: dovevo reagire a tutti i costi.

L'attacco era violentissimo ma mi sforzai di resistere, portandomi al pensiero estremo e dicendomi che se proprio dovevo morire lo avrei fatto, affrontando la cosa.

Ero in preda a lui, i minuti sembravano ore ed ero finito, svuotato ma nella mia testa qualcosa cominciava a "frullare": ero ancora lì, vivo.

Mi ripetevo in continuazione: "E' solo la tua testa, l'aria passa, apri la bocca, senti che l'aria entra ed esce dalla bocca, stai respirando, non morirai".

Improvvisamente ero consapevole che il malessere permaneva ma allo stesso tempo adesso stavo combattendo una guerra alla pari perché più di così lui non mi poteva fare.

Trovai la forza di aspettare che il peggio passasse e poi riuscii ad alzarmi in piedi e uscire fuori al terrazzo a prendere aria fresca.

Pian piano il senso di ovattato alle orecchie e la "sudarella" passarono e ritornai in me, questa volta rafforzato da quanto appena accaduto.

Nei giorni seguenti imparai a "sentire" il suo imminente arrivo riuscendo così a prepararmi per affrontarlo al meglio.

Successivamente trovai lavoro e, guarda un po' il caso, gli attacchi svanirono nel nulla.

Ancora oggi dico con certezza assoluta che l'essermi trovato costretto ad affrontare da solo quel forte attacco rappresentò il mio sblocco mentale, mettendomi anche in una posizione di vantaggio.

Attacchi di panico non ne ho più avuti... almeno fino alla scorsa settimana.

E già, dopo oltre vent'anni, proprio la scorsa settimana son tornati a bussare alla porta della mia testa.

Era mattina presto ed ero bloccato nel traffico da ore a causa di una manifestazione di alcuni commercianti che avevano deciso di bloccare il Raccordo Anulare.

Stavo ascoltando radio ed ero assorto nei miei pensieri quando per mia sorpresa avvertii quei segnali d'allarme che mi misero in guardia su ciò che stava per accadere...

Anche qui ero solo e continuo a dire con convinzione, per mia fortuna, perché se mi fossi aggrappato a qualcuno li presente con me sarei potuto diventare dipendente da lui, rappresentando la mia ancora di salvezza.

Invece ero solo anche in questa circostanza...

Fui improvvisamente avvolto da quelle mille sensazioni pesantissime e subito mi sganciai la cintura di sicurezza e, approfittando del traffico bloccato, uscii dalla macchina per prendere aria e togliermi la giacca.

Fuori pioveva ma non mi importava nulla di questo, anzi: era un punto a mio favore perché mi dava sollievo.

Non voglio immaginare cosa stessero pesando tutti gli altri automobilisti bloccati vicino a me nel vedere quella scena! :)

Sono riuscito a controllare la cosa anche questa volta soprattutto perché ora non c'era un ragazzino ma la testa di un uomo, di certo molto più forte di allora.

Dopo oltre tre ore di traffico chiamai il lavoro e, nell'impossibilità di raggiungerlo, comunicai la mia assenza.

Tornai a casa sfinito, come se avessi fatto chissà quale sforzo ma sapevo il perché di quella sensazione...

Mi feci una bella doccia per rilassarmi un po' e la giornata ritornò gradualmente alla normalità.

Proprio come vent'anni fa ho cercato di darmi una risposta a quanto accaduto e la cosa che mi ha rasserenato è che non ho trovato una sola risposta ma più di una.

Per prima cosa credo che lo stress del restare bloccato per ore nel traffico abbia contribuito alla cosa ma a questo aggiungo anche i pensieri accumulati da mesi molto pesanti in cui sto seguendo dei lavori nella nostra seconda casa, mesi in cui di cose, posso assicurarvi, ne son successe!

Concludo questo mio racconto dicendo forse un paradosso per voi, non di certo per me ma, per favore, non fraintendete quanto sto per scrivere.

Sono contento che mi sia tornato un attacco di panico, ebbene si, state leggendo bene.
Son contento perché quanto accaduto la scorsa settimana in qualche modo mi ha "rinfrescato" la memoria e mi ha lasciato ancora in una posizione di vantaggio rispetto a lui.

Parlo per quella che è stata la mia esperienza personale: se si impara a riconoscere gli attacchi di panico si riesce anche ad affrontarli, se poi si riesce anche ad anticipare il loro arrivo, allora  siamo assolutamente in una posizione di forza che ci permette di affrontarlo al meglio.

Non mi vergogno di raccontare quanto mi è accaduto e nel mio piccolo spero di far caprie a chi mi leggerà che per prima cosa non bisogna vergognarsi di aprirsi alle proprie debolezze ma soprattutto se si impara a conoscerci bene e a fondo, scopriamo di essere davvero forti.

Vent'anni fa trovai la mia forza nel ritrovarmi solo nel momento più difficile, non sempre le cose vanno così e quando sentiamo di non farcela non dobbiamo vergognarci a chiedere l'aiuto di persone competenti, capaci semplicemente di insegnarci a conoscerci bene, meglio ma soprattutto a fondo.

Chiuderci a guscio non ci fa sentir forti bensì ci indebolisce, questa è la verità cari miei.

Raccontare noi stessi e aprirci ci regala forza nuova nella testa e ci rende pronti a fare cose che forse neanche noi stessi sappiamo di poter fare.


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